La Voce

Indice del La Voce n. 5

Il terreno è fertile,

la nostra tattica non è ancora assestata

 

Quali sono nel breve periodo le possibilitĂ  di sviluppo per la nostra causa?

Anche alcuni compagni che non hanno dubbi sul fatto che sta montando una nuova ondata della rivoluzione proletaria, dopo quella della prima metà del secolo scorso, non danno oggi una risposta chiara e giusta a questa domanda e tanto meno valutano chiaramente e giustamente, in modo concreto e pratico, quali sono le possibilità attuali e immediate del nostro sviluppo. Questo si ripercuote negativamente sul nostro lavoro. Questi compagni collocano lo sviluppo delle nostre forze nella nebbia dei tempi, trascurano le attuali concrete possibilità di sviluppare il nostro lavoro e ai loro occhi tutto il nostro lavoro consiste negli sforzi volonterosi di alcuni compagni che “si sacrificano per il futuro”.

Il primo passo per dare un risposta chiara e giusta alla domanda posta all’inizio dell’articolo è comprendere la posizione attuale delle varie classi delle masse popolari del nostro paese: la loro posizione oggettiva (i loro interessi) e il loro stato d’animo attuali e come essi vanno modificandosi.

•   Quanto alla posizione oggettiva delle varie classi delle masse popolari, noi sottoscriviamo ancora oggi quello che era detto, nel 1990, nel n. 7 della rivista Rapporti Sociali che trascriviamo qui di seguito per i nostri lettori piĂą giovani. “A partire dagli anni ‘70 il movimento economico e politico delle societĂ  imperialiste ha reso sempre meno compatibili con il resto degli ordinamenti sociali gli istituti la cui combinazione costituiva il “capitalismo dal volto umano”: misure di regolazione dellÂ’iniziativa economica individuale dei capitalisti e di limitazione dei suoi effetti piĂą distruttivi, piena occupazione, reddito minimo garantito, assistenza sanitaria gratuita, accesso gratuito allÂ’istruzione, sistema generale di sicurezza sociale, estensione dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori sui posti di lavoro, ecc.

Man mano che ciò avveniva, davanti a queste società si sono aperte due strade possibili:

- smantellare gli istituti del “capitalismo dal volto umano”, ove necessario dopo averli trasformati dall’interno nel loro contrario o averne sabotato il funzionamento al punto da coalizzare le forze necessarie al loro smantellamento e alla repressione delle forze che continuano a difenderli;

- estendere gli istituti del “capitalismo dal volto umano” ed eliminare gli altri istituti della società borghese incompatibili con la permanenza di quelli (la proprietà individuale delle principali forze produttive, il libero mercato, le libere professioni, le organizzazioni politiche pubbliche e segrete dei capitalisti, l’estraneità della massa dei lavoratori alla direzione della società, la direzione dei capitalisti sull’apparato statale), adottare tutte le misure necessarie per rendere tutte le istituzioni della società coerenti con essi, costituirli in un sistema organico e coerente di nuova società, reprimere le forze che si opponevano a queste misure o le sabotavano: ossia compiere la rivoluzione socialista. Il proletariato per mantenere quello che ha conquistato, deve conquistare e assumere la direzione dell’intera società.

La lotta tra le due vie è il substrato delle politiche in corso e quindi la discriminante tra le forze politiche delle due classi antagoniste. Ciò che invece è diventato oggettivamente impossibile (e quindi politicamente perdente) è il mantenimento della situazione esistente: conservare gli istituti del “capitalismo dal volto umano” già acquisiti e mantenere immutato il resto della società. Da qui l’inevitabile tramonto della via riformista e il passaggio dei suoi sostenitori ad uno dei due fronti che soli hanno possibilità di successo” (Rapporti Sociali n. 7, maggio 1990, pag. 16, nota 1).

A dieci anni di distanza non possiamo che constatare che il corso delle cose ha completamente confermato quanto era giĂ  evidente nel ‘90. La situazione è andata molto  avanti. Quello che manca nella citazione che abbiamo trascritto è un chiaro richiamo al carattere mondiale del processo che ha coinvolto anche i paesi coloniali e gran parte dei paesi giĂ  socialisti, allo sviluppo delle contraddizioni, in ogni paese e a livello internazionale, tra gruppi e Stati imperialisti e allÂ’influsso della situazione internazionale sulla situazione di ogni paese.

La citazione che abbiamo riportato dice che lo sviluppo della nostra causa è una delle due vie possibili su cui può istradarsi il nostro paese, una delle sole due vie possibili. Quindi lo sviluppo della nostra causa non è  fatale perchĂ© è possibile anche un'altra via, ma è possibile. Non dice astrattamente che lo sviluppo della nostra causa è uno dei due soli programmi e progetti politici ragionevoli e realistici, ma dice anche che le grandi masse della popolazione, milioni e milioni di uomini e di donne, possono incanalarsi sulla strada che noi indichiamo. Possono: quindi concretamente vi si incanaleranno, ma solo se le forze politiche promotrici della mobilitazione rivoluzionaria delle masse saranno all'altezza del loro compito. Ovviamente padroni e responsabili delle nostre capacitĂ  siamo noi stessi: dipendono dalla concezione del mondo e dalla linea che seguiamo, dallÂ’organizzazione che ci diamo, dal metodo che adottiamo per conoscere e agire.

•   Quanto allo stato dÂ’animo attuale delle masse popolari, vi è un istruttivo avvenimento recente che ce lo mostra su grande scala e conferma le mille osservazioni e i mille dati raccolti per altra via. Le elezioni regionali del 16 aprile hanno offerto elementi su grande scala per comprendere lo stato dÂ’animo delle masse popolari del nostro paese.(1)

Questi elementi confermano l’osservazione diretta e gli elementi forniti da altri punti di osservazione dello stato d’animo e dell’orientamento delle masse. In sintesi il risultato è che le masse popolari abbandonano l’esistente regime politico e che con rapidità ancora maggiore abbandonano le loro illusioni nei partiti conservatori (Centro-Sinistra) e riformisti (PRC).

Alle elezioni regionali del 2000 ben 11.3 milioni di adulti non sono andati a votare. Astenuti cronici, abituali? Certamente non tutti. Gli astenuti sono stati 3.5 milioni più che nelle regionali del ‘95 e 6 milioni più che nelle regionali del ‘90: sicuramente questi non sono astenuti abituali. Questi dati si riferiscono ad un periodo omogeneo della storia del paese: quello della putrefazione del regime DC. Riguardano solo gli elettori delle regioni a statuto ordinario (41.5 milioni di adulti su 48): quindi a livello dell’intero paese le cifre date e quelle che seguono devono essere maggiorate.

Un altro dato importante è che le perdite di elettori riguardano entrambi gli schieramenti: rispetto al ‘95 il blocco dei reazionari (il blocco della destra: Polo più Lega) ha perso 1.1 milioni di elettori e il blocco dei conservatori e dei riformisti (il blocco della sinistra borghese: Centro-Sinistra più Rifondazione) ha perso 2.4 milioni di elettori. La destra ha vinto solo perché ha perso di meno!

Nel blocco della sinistra borghese i DS hanno perso il 23% dei loro elettori del ‘95 (1.5 milioni in meno) e PRC(Bertinotti) più PDCI(Cossutta) sommati (nelle regionali del ‘95 erano ancora insieme) hanno perso il 16% dei loro elettori (350.000 in meno).

Quindi i dati elettorali confermano e quantificano il distacco complessivo delle masse dallÂ’attuale regime e in particolare il distacco dallÂ’ala conservatrice (DS e il Centro-Sinistra) e riformista (Rifondazione) del regime. LÂ’ala reazionaria (Polo e Lega) perde seguaci, ma piĂą lentamente.

Un altro risultato importante: le elezioni confermano anche questa volta che il PDCI (nato nell’ottobre ‘98 da una scissione del PRC favorevole ai governi Prodi e D’Alema) ha tra gli elettori un seguito (28% della somma dei voti andati a PDCI più Rifondazione) minore di quello che Cossutta raccolse al momento della scissione nel gruppo parlamentare (58%), tra i consiglieri regionali (52%) e nel partito (33%). Questo conferma quello che avevano dimostrato anche le elezioni politiche del ‘96 confrontate con la scissione a favore del governo Dini subita dal PRC nel ‘95: il PRC come partito è più a destra del suo elettorato e fa eleggere in parlamento e nei consigli regionali persone ancora più a destra del partito. Il PRC è cioè uno strumento della subordinazione delle masse popolari alla borghesia imperialista. Tutti i lamenti del tipo: “Noi vorremmo fare, ma le masse non ci seguono” che ogni tanto si alzano dalle file del PRC, sono clamorosamente smentiti ancora una volta.

Questi risultati elettorali, convalidati da osservazioni raccolte per altra via, 1. confermano la crisi politica del regime (putrefazione del regime DC), il crescente isolamento del regime dalle masse; confermano che una parte già importante e crescente della popolazione non ha fiducia in questo regime, in nessuna delle sue espressioni politiche; 2. smentiscono la tesi, continuamente da più parti riproposta come luogo comune, che le masse popolari sarebbero cloroformizzate dalla propaganda del regime (governativa, berlusconiana o vaticana); 3. smentiscono la tesi avanzata da alcune FSRS (tipicamente da Iniziativa Comunista) che la ricostruzione del partito comunista e in generale la mobilitazione rivoluzionaria delle masse sarebbero impedite dall’influenza dei riformisti sulle masse: l’influenza dei riformisti sulle masse declina rapidamente, 350.000 adulti in meno rispetto al ‘96 a favore dei riformisti dichiarati e più di 2 milioni in meno per il blocco borghese conservatore che in Italia, per la storia particolare dei DS e della sinistra DC, raccoglie voti anche da illusioni riformiste.