La Voce

Indice del La Voce n. 4

Mitrokhin, Marx ed Esopo

 

Il bilancio dell’esperienza è per noi comunisti una cosa molto importante.

Noi siamo marxisti, cioè materialisti dialettici. Secondo il marxismo le idee non cadono dal cielo, nĂ© sono innate nellÂ’uomo. Le idee vengono dal bilancio dellÂ’esperienza, le producono gli uomini stessi elaborando la loro esperienza. Con le idee che hanno elaborato, gli uomini guidano, orientano, migliorano la loro attivitĂ  pratica. Con questa compiono nuove esperienze e da esse ricavano nuove idee e così via. Così è stato nella storia degli uomini, per quanto lontano siamo riusciti  ricostruirla. Così sarĂ  presumibilmente anche nel futuro.

In particolare, per dirigere un movimento rivoluzionario, occorre elaborare una teoria rivoluzionaria, una giusta teoria della rivoluzione. Il bilancio dell’esperienza del movimento comunista è una parte importante del nostro lavoro di comunisti. Quella del movimento comunista italiano è un compito che spetta principalmente a noi comunisti italiani, perché siamo soprattutto noi che ne abbiamo bisogno. Quindi ben vengano i tentativi di fare un bilancio del movimento comunista italiano. Siamo ben consapevoli che non riusciremo a elaborare un bilancio organico, esauriente e giusto tutto d’un colpo. Dapprima saranno tentativi, elaborazioni dell’esperienza di singoli episodi, elaborazioni in parte giuste e in parte sbagliate. Attraverso vari tentativi, arriveremo infine al bilancio di cui abbiamo bisogno. Quindi non dobbiamo spaventarci né menare scandalo per i limiti e gli errori dei primi tentativi. Attraverso la critica, l’autocritica, il dibattito e il concorso di vari compagni e organismi (questo è il lavoro collettivo!) dai primi tentativi insoddisfacenti procederemo fino ad avere un buon risultato.

Per fare il bilancio, noi oggi non partiamo da zero. Lo stesso movimento comunista, nei suoi 150 anni di storia, ci ha fornito vari elementi. Dobbiamo usarli. Ci ha insegnato ad esempio che la storia di ogni società esistita negli ultimi 5.000 anni dell’umanità (la storia scritta) è una storia di lotte tra le classi. Chi stende la storia di un tratto della vita di una società o di un aspetto particolare di una società, se è veramente un marxista (e non solo uno che si dichiara marxista) mostra come la lotta tra le classi si sia svolta, tradotta o riflessa nel campo particolare che egli tratta e come questo abbia a sua volta contribuito alla lotta tra le classi. Se non fa questo, non è ancora un marxista, per quanto si dichiari e voglia esserlo.

Il movimento comunista ci ha insegnato che in ogni cosa il motore del suo sviluppo sono le contraddizioni tra le parti che la costituiscono (le contraddizioni interne) e che le condizioni esterne influenzano e persino a volte determinano lo sviluppo di una cosa agendo tramite le sue contraddizioni interne. Se scaldate un sasso avrete una dilatazione, se scaldate un uovo avrete un pulcino. Per capire la storia di una cosa, per trovare il nesso che unisce i vari elementi e i vari stadi della sua storia occorre individuare e comprendere quali sono le sue contraddizioni interne e le condizioni esterne in cui essa si sviluppa.(1) I marxisti applicano questo metodo in ogni ricerca e in ogni bilancio.

Noi comunisti impersoniamo l’autonomia della classe operaia dalla borghesia imperialista. In campo ideologico, politico e organizzativo. L’ideologia, la concezione del mondo della classe operaia è il marxismo. Non ce n’è altra. I 150 anni di movimento comunista l’hanno mostrato e dimostrato, con i suoi successi e con le sue sconfitte. Se nel ragionare sul passato non seguiamo il marxismo, è difficile che lo seguiamo nel ragionare sul presente. Se nel ragionare sul passato e sul presente non seguiamo il marxismo, non impersoniamo ancora l’autonomia della classe operaia; impersoniamo ancora la sua subordinazione alla borghesia imperialista. Infatti in definitiva oggi tutte le concezioni del mondo si riducono solo a due, perché due sono le classi fondamentali dell’attuale società, che si contendono il predominio, due sono le vie che l’attuale società ha davanti. In particolare lo sviluppo di ogni partito comunista è determinato dalla lotta tra le due linee che si svolge al suo interno, lotta che è il riflesso nel partito della lotta tra le due classi che si svolge nella società. La vita del partito comunista italiano tra il 1943 e il 1948 è stata determinata dalla lotta tra la linea di sinistra (affermare la direzione della classe operaia nella guerra contro il nazifascismo trasformandola così in lotta per il socialismo) e la linea di destra (condurre la guerra contro il nazifascismo per instaurare una nuova più avanzata democrazia borghese - la linea della Costituente). La vita del partito tra il 1948 e il 1956 è stata determinata dalla lotta tra la linea di sinistra (rafforzare le forze comuniste e trovare una via per la rivoluzione socialista nell’ambito della nuova situazione nazionale e internazionale) e la linea della destra (costruire un partito popolare adatto a lottare per riforme di struttura in un paese del campo imperialista). Il XX congresso del PCUS (febbraio 1956) segnò la vittoria della linea revisionista di destra nel PCUS. L’Internazionale Comunista era stata sciolta nel maggio 1943, ma il PCUS di fatto era il partito guida del movimento comunista (come il partito socialdemocratico tedesco lo era stato fino al 1914) e l’URSS era il centro del campo socialista e il retroterra del movimento comunista e antimperialista di tutto il mondo. La vittoria della destra nel PCUS determinò una grande confusione in tutto il movimento comunista internazionale (simile per molti aspetti a quella determinata dal “tradimento” della II Internazionale nel 1914). Nel 1956 (come nel 1914) la confusione era un sintomo della debolezza ideologica della sinistra che non solo era stata sconfitta, ma era stata colta di sorpresa dall’attacco della destra, completamente impreparata. Ripetutamente vari esponenti del movimento comunista avevano detto che la lotta tra le classi continuava nella società socialista, che le contraddizioni della società socialista potevano diventare antagoniste. Ma in realtà nessuno credeva in un rovesciamento di direzione come quello successo nel 1956. Che il movimento comunista si trovasse negli anni ‘50 di fronte a problemi nuovi, determinati dal suo stesso rapido e folgorante sviluppo, vari dirigenti l’avevano detto.(2) Ma nessuno aveva veramente pensato che se la sinistra non affrontava in maniera giusta questi problemi nuovi, la destra ne avrebbe approfittato per instaurare le sue soluzioni di conciliazione con la borghesia imperialista, di avvicinamento e ritorno al capitalismo. Alla sinistra ci volle parecchio tempo perfino per riconoscere la vera natura borghese delle proposte della destra, che si presentavano come soluzioni di problemi di cui tutti avvertivano l’esistenza.

La destra approfittò della confusione  e dello sbalordimento della sinistra e prese il sopravvento in tutti i partiti comunisti in cui era abbastanza forte per farlo. LÂ’ottavo congresso (dicembre ‘56) segnò la vittoria definitiva della destra nel PCI. Da allora nel movimento comunista italiano la linea di sinistra divenne la ricostruzione del partito comunista. Ciò non vuol dire che bisognava costituire subito un nuovo partito; vuol dire che allora tutte le iniziative andavano indirizzate a creare le condizioni per questo, che oggi tutto va valutato alla luce di questo obiettivo, senza il quale tutto il resto non ha importanza: così come ogni mossa tattica va valutata alla luce dellÂ’obiettivo strategico. Il marxismo insegna che senza un vero partito comunista non è possibile fare la rivoluzione socialista. Ciò è stato confermato dallÂ’esperienza al di lĂ  di ogni ragionevole dubbio. Quindi un marxista studia la storia del movimento comunista italiano successiva al 1956 alla luce di questo compito storico. Ă