La Voce

Indice del La Voce n. 3

Gli spontaneisti e la morte del marxismo

 

All’inizio del secolo che termina in questi mesi la morte del marxismo venne dichiarata e certificata da un capo all’altro dell’Europa. Da noi Benedetto Croce sintetizzò l’opinione della classe dominante nel titolo di un suo scritto Come nacque e come morì il marxismo teorico in Italia (1895-1900). Il secolo termina ora con dichiarazioni di morte del marxismo altrettanto categoriche risuonanti da un capo all’altro del mondo. L’estensione del campo di risonanza indica il grande progresso compiuto dal movimento comunista nel corso del secolo. Alcuni borghesi introducono l’ennesima confutazione del marxismo chiedendosi: “Come mai il comunismo ha suscitato durante questo secolo l’adesione e l’impegno senza riserve di centinaia di milioni di uomini e di donne?”. Sintetizzano così il ruolo che il marxismo dopo la sua “morte” ha avuto in questo secolo nella vita degli uomini e delle donne delle classi e dei popoli oppressi di tutto il mondo. L’analisi della situazione attuale ci fa sicuri che anche le odierne dichiarazioni e certificazioni di morte esprimono solo la lotta della borghesia contro una nuova ondata della rivoluzione proletaria, come quelle dell’inizio del secolo.

Qual è attualmente la fortuna del marxismo nel campo delle classi oppresse del nostro paese?

Tra le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista che si dichiarano impegnate nella ricostruzione del partito comunista, oggi lo spontaneismo e il movimentismo si presentano come rifiuto di lavorare per definire il Manifesto Programma del partito e, in generale, come resistenza a dedicare al lavoro teorico e all’inchiesta le energie necessarie, come sottovalutazione della loro importanza. Per comprendere abbastanza esattamente l’importanza che la messa a punto del Manifesto Programma (quindi il lavoro sul Progetto esistente) ha nella ricostruzione del partito basta riflettere sull’imponente campagna, ora aperta ed esplicita ora implicita e subdola (direi quasi subliminare), ora denigratoria e forcaiola ora suadente e “comprensiva” che la classe dominante conduce contro il marxismo in ogni paese, capillarmente e su scala internazionale (in questo campo la mondializzazione vige da tempo!), da mille pulpiti, alte e basse cattedre (dall’asilo all’università), case editrici, schermi, reti telematiche, riviste, giornali, conferenze, riunioni e seminari, esercizi spirituali e forum regionali e mondiali, romanzetti, film e telefilm, fumetti e dotti trattati. Dobbiamo comprendere l’importanza politica (cioè ai fini della lotta per il potere) che hanno le centinaia di dichiarazioni e certificazioni di morte e di confutazioni del marxismo che la classe dominante ha proclamato, le censure operate dai suoi intellettuali quando fanno la rassegna delle “posizioni”, le deformazioni e le sprezzanti svalutazioni.

Non esiste nessuna dottrina che neanche alla lontana negli ultimi 100 anni sia stata oggetto di tante dichiarazioni di  morte e di tante confutazioni come il marxismo. Anzi, nellÂ’intera storia dellÂ’umanitĂ  non esiste alcuna altra teoria su cui si siano riversate tante confutazioni quante ne sono state rovesciate sul marxismo nei suoi soli 150 anni di esistenza.

Dichiarazioni di morte e confutazioni sono state regolarmente smentite dai fatti e dalle stesse successive dichiarazioni di morte emesse dalla classe dominante. Quindi esse appaiono assurde a chi le considera dal punto di vista della “logica”, della “scienza pura” e simili. In realtà sono invece altamente razionali e funzionali agli interessi della borghesia imperialista. Se ne rende conto chi riflette alla luce del saggio detto popolare “ne uccide più la lingua che la spada”; chi riflette sul fatto che le parole e le idee o servono per guidare le azioni e unificare le attività di più individui o servono per confondere gli individui, deviare (neutralizzare) le loro attività, incanalarle secondo gli interessi di altri, impedire insomma che si unifichino attorno a una unica direzione e si tendano verso un comune obiettivo. Le dichiarazioni di morte e le confutazioni del marxismo rilasciate dalle classi dominanti insomma sono razionali e significative per chi considera che “le idee una volta assimilate dalle masse diventano una forza materiale che trasforma il mondo”.

Perché il marxismo non è che il riflesso nel cervello dei comunisti del processo reale della trasformazione in corso dello stato presente delle cose; è solo la coscienza del processo pratico che la classe operaia e, al suo seguito, le altre classi oppresse dal capitalismo stanno conducendo; è la coscienza che i comunisti, che in questo senso sono gli intellettuali della classe operaia, hanno elaborato dall’esperienza di questo processo pratico. Il marxismo è la forma ideologica che permette alle classi oppresse dal capitalismo di concepire e di combattere il conflitto di cui sono protagoniste. Ecco spiegato quindi anche perché il marxismo continua a progredire nonostante ogni certificazione di morte e ogni confutazione emanate dai capitalisti, dai loro intellettuali e dai loro preti e perché risorge più forte a nuova vita ogni volta che le alterne vicende della lotta pratica che la classe operaia conduce contro la borghesia ne offuscano temporaneamente l’influenza nella classe operaia, come in questo periodo.

Contro il marxismo la borghesia ha condotto, conduce e condurrĂ  finchĂ© avrĂ  vita una lotta lunga, multiforme, ostinata, capillare e senza alcun “vincolo cavalleresco di lealtĂ  alla veritĂ  e di riconoscimento del valore”, perchĂ© il marxismo è il risvolto spirituale,  sovrastrutturale della lotta che la classe operaia conduce e condurrĂ  contro il capitale fino alla sua eliminazione, perchĂ© indica gli obiettivi che quella lotta persegue, le leggi che la regolano, le forme in cui si sviluppa. SarĂ  una lotta senza quartiere, tanto piĂą accanita e implacabile, quanto piĂą la sua conclusione sarĂ  vicina: è una veritĂ  che la storia e il presente confermano.

Il marxismo è uno strumento indispensabile di lotta per la classe operaia. Senza di esso non potrebbe condurre la sua lotta oltre un livello elementare, spontaneo, che la lascia relegata al ruolo di ingranaggio essenziale del sistema produttivo capitalista, di venditrice di forza-lavoro e di classe oppressa. D’altra parte questa lotta elementare e spontanea, che è conseguenza inevitabile del ruolo che essa ha nella società borghese, spinge continuamente e da ogni lato la classe operaia verso l’elaborazione del marxismo, come normalmente la vita spinge gli uomini a cercare il senso delle cose che essi vivono, a conoscerle, a capirne la ragione e a servirsi di questa comprensione per venirne a capo. Gli intellettuali della classe operaia non sono “quelli che hanno studiato”, quelli che si dicono o si credono intellettuali, quelli che leggono e scrivono libri e riviste, ma sono precisamente quelli che si appropriano dei risultati, dei metodi e degli strumenti più avanzati del pensiero (in larga misura elaborati dalle classi dominanti e conformati per il loro uso) e trattano con essi l’esperienza della lotta della classe operaia contro la borghesia e ne ricavano la teoria che illumina e guida la sua lotta.

Il marxismo, nella misura in cui è stato assimilato e arricchito dall’elaborazione delle nuove esperienze, ha trasformato la lotta della classe operaia da una lotta spontanea e condotta alla cieca o guidata da immaginazioni più o meno approssimative della realtà, in una campagna condotta con scienza e imparando dall’esperienza. Per questo il marxismo ha potentemente accelerato e rafforzato il movimento pratico della classe operaia e si è attirato l’ostilità della borghesia che cerca in ogni modo, sia spontaneamente sia consapevolmente, di cancellarne l’esistenza e di travisarlo.

Il marxismo ha avuto un periodo di gestazione piuttosto lungo che è durato dalla seconda metà del Settecento alla prima metà dell’Ottocento: un periodo ricco di teorie (le numerose teorie dei socialisti premarxisti) che in modo ingenuo, fantasioso o geniale cercavano o di spiegare la condizione del nuovo proletariato o di indicare la strada da seguire per porre fine alla sua condizione o entrambe le cose assieme.

L’elaborazione del marxismo è entrata nella sua fase finale nel 1843: “il primo lavoro intrapreso per sciogliere i dubbi che mi assillavano fu una revisione critica della filosofia del diritto di Hegel”, dirà più tardi lo stesso Marx. Possiamo fissare la data di nascita del marxismo nel 1848 quando fu pubblicato il Manifesto del partito comunista.

A partire da allora il comunismo non è più stato solo il movimento pratico di trasformazione della stato presente delle cose, ma è diventato anche una concezione del mondo e un metodo di conoscenza e di lotta, in una parola una teoria. 150 anni di movimento pratico hanno grandemente arricchito il marxismo. Oggi il marxismo è un corpo di dottrine sulla natura delle cose e di indicazioni sul metodo per conoscerla e trasformarla, un corpo di dottrine tratto dalla elaborazione dell’esperienza storica e internazionale del movimento comunista. Per ogni comunista non si pone più solo il compito di imparare dalla sua esperienza diretta (pratica-teoria-pratica), ma si pone anche il compito di assimilare quella concezione e di imparare quel metodo, applicarli e arricchirli (teoria-pratica-teoria). Ma il compito di dirigere il movimento pratico della classe operaia e delle altre classi oppresse non può essere assolto da individui sia pure combinati in qualche maniera; può essere assolto solo da un partito, con le sue organizzazioni, i suoi membri e le sue relazioni. Quindi è elemento essenziale, costitutivo del partito comunista avere assimilato questa concezione e aver imparato ad usare quel metodo nel movimento pratico del suo paese, cioè avere elaborato un suo programma.

150 anni di lotta furibonda in campo teorico hanno accumulato ma anche vagliato centinaia di pregiudizi, deformazioni, incrostazioni, ingenuità ed errori. Quindi per unirci è inderogabile che noi esprimiamo chiaramente le nostre posizioni su tutte le questioni più generali e su tutti i problemi teorici importanti per il movimento pratico. Non serve a nulla richiamarsi genericamente al marxismo, al comunismo scientifico, come se fosse un corpo di dottrine noto, indiscusso e omogeneo. Su ogni problema importante è stato detto una cosa e anche il contrario, dichiarandolo marxismo. “Esistono più marxismi” dice Fidel Castro e Il futuro, organo ufficioso del MPA, gli fa eco. Ecco perché il nuovo partito comunista deve esporre in un documento costitutivo il comunismo scientifico separandolo da tutto il resto.

“Fa parte del partito chi condivide il suo programma ...”. Condividere il programma è la prima delle condizioni per aderire al partito comunista. Avere un programma e chiedere a chi vuole far parte del partito di conoscerlo e condividerlo oggi è un principio costitutivo di ogni partito comunista. Senza programma non può esistere un partito al livello storicamente giĂ  raggiunto dai partiti comunisti e, viceversa, il programma deve indicare tutta la scienza che tutti i membri del partito devono condividere per far parte del partito. Pensare un partito comunista senza programma è regredire rispetto alla scienza giĂ  raggiunta dal movimento comunista, alla necessitĂ  giĂ  dimostrata dal movimento comunista. La riscossa, organo di Iniziativa Comunista, nel n. 2 definisce il partito comunista la “avanguardia di lotta della classe operaia”. Giusto! Ma tra le varie giuste definizioni che si danno del partito comunista a secondo degli aspetti che nella situazione concreta occorre mettere in luce, questa non mette in luce i punti deboli che nella nostra situazione concreta dobbiamo chiarire e su cui dobbiamo concentrarci per uscire dal pantano attuale. Il partito è anche lo “Stato Maggiore” della classe operaia che elabora e porta la linea giusta alla classe operaia e al resto delle classi rivoluzionarie. LÂ’articolista di La riscossa che nello stesso articolo volge in caricatura questo altro aspetto del partito e mugugna contro gli intellettuali non operai (anche se comunisti) non mette in luce lÂ’anello della catena che oggi “tutte quelle forze che si dichiarano impegnate nella ricostruzione del partito comunista” devono afferrare per assolvere al loro compito. Il ruolo del partito comunista non è solo incitare alla lotta, trascinare alla lotta, guidare i reparti negli attacchi e nelle ritirate. Ă