La Voce

Indice del La Voce n. 2


In morte di Massimo DÂ’Antona

 

“Sono ritornate le Brigate Rosse” hanno urlato il 20 maggio i portavoce del regime e le loro grida non si sono ancora spente: riempiono ancora giornali, radio e TV. Piangono i padroni e i loro amministratori: hanno perso uno dei piĂą solerti e capaci collaboratori. Al contrario, al sentire la notizia, per un momento si sono sentiti vendicati migliaia di lavoratori, padri di famiglia “esuberi” o “rottamati” (secondo la nuova gentile espressione inventata da Bassolino e da Morese), giovani che senza speranza a decine di migliaia affollano i concorsi per cinque, dieci posti di lavoro, disoccupati, donne costrette a scegliere tra avere un lavoro e avere un figlio, operai che giorno dopo giorno sperimentano i “diritti umani” che i padroni riconoscono ai “loro” dipendenti nelle “loro” fabbriche, persone che di fronte alla malvagitĂ  e alle angherie del regime avevano gridato o sospirato “Ci vorrebbero ancora le BR!”. C’è un funerale e una volta tanto non è un disoccupato o uno sfrattato che disperato si è tolto la vita, un morto sul lavoro, una donna violentata, un bambino di borgata, un giovane allo sbando, un uomo qualunque finito sotto una casa crollata, o in un tunnel devastato o travolto da un alluvione, insomma una delle tante quotidiane vittime di questo regime che soffoca ogni giorno la vita e ancora piĂą la gioia di vivere (di mangiare, di respirare, di nuotare, di far lÂ’amore, di pensare, di divertirsi, di riposare, di stare insieme, ecc.), una delle vittime di questo regime di morte. Questa volta si tratta di uno di quegli uomini istruiti e perbene impegnati a trovare le misure e gli accordi per rendere il lavoro piĂą precario, il salario piĂą elastico, lÂ’orario piĂą flessibile: insomma uno che lavorava a rendere la vita piĂą difficile, piĂą precaria e piĂą amara per la maggioranza della popolazione. Una fine degna del lavoro che faceva, anche se la soddisfazione è in parte guastata dal clima di paura che padroni, ministri, preti e sindacalisti di regime cercano di diffondere, come se la morte di uno di loro facesse gravare unÂ’oscura minaccia su tutti. E promettono lotta senza quartiere contro gli oppositori e contro i rivoluzionari; minacciano perquisizioni, controlli, arresti, galera e torture. Dalle bocche sazie di giornalisti, portaborse e portavoce del regime erompono ingiurie e insulti per tutti quelli che osano impugnare le armi contro i padroni e i loro servitori: le armi sono monopolio dei padroni. Quasi linciano Bertinotti che per una manciata di voti in piĂą si è lasciato andare a dire che alcune denunce del documento di rivendicazione corrispondono al vero. Fanno piovere sul paese lodi a non finire per il loro morto. Se non si pensa che a parlare sono gli autori delle misure che giorno dopo giorno rendono la vita piĂą difficile ai lavoratori, viene da chiedersi come mai tanto lavoro nero e precario, tanta disoccupazione, tanta prostituzione e tanta disperazione, così poca gioia di vivere e la guerra,  con persone così perbene al governo del paese. Tanti sono i meriti che i padroni attribuiscono al morto che vien da dire: “Se voleva danneggiare i padroni, chi lÂ’ha colpito ha scelto bene il bersaglio!”. Come faranno senza un uomo di tante portentose virtĂą e capacitĂ ?

Sembra che davvero i meriti di DÂ’Antona fossero tanti, grandi le sue doti e infaticabile la sua attivitĂ . La prima conclusione è: se le cose vanno così male per i lavoratori benchĂ© i padroni abbiano al loro servizio così geniali vulcani di attivitĂ , vuol dire che gli interessi dei padroni sono proprio lÂ’opposto degli interessi dei lavoratori. I profitti, il benessere e la libertĂ  dei padroni sono inversamente proporzionali ai salari, al benessere, alla sicurezza e alla libertĂ  della massa dei lavoratori. La macchina che ogni giorno sforna soprusi, che taglia posti di lavoro (33.000 in meno nelle grandi industrie solo nellÂ’ultimo anno), che sfratta (sono 1.200.000 gli sfratti pendenti e il governo DÂ’Alema si è appena rifiutato di rinnovare la proroga), che mette lavoratori contro lavoratori, non è una macchina oscura e misteriosa o anonima e impersonale come un uragano o un terremoto. Ă