La Voce n. 13


Conquistare l'appoggio degli operai avanzati alla clandestinitĂ  del partito comunista

 

La settima discriminante (il nuovo partito comunista italiano deve essere costruito dalla clandestinità) oggi costituisce ancora una questione che molti dei compagni che si dichiarano favorevoli alla ricostruzione del partito comunista (e probabilmente la maggior parte lo sono anche sinceramente) evitano di affrontare, non solo nella stampa pubblica, ma anche nei loro dibattiti riservati. Noi che decisamente condividiamo la settima discriminante e la pratichiamo, constatiamo giorno dopo giorno che anche i compagni che hanno preso posizione a favore della settima discriminante (e nella maggior parte dei casi si tratta di una convinzione sincera), incontrano molte difficoltà a passare nella pratica al lavoro clandestino. Non si tratta principalmente delle difficoltà diciamo così tecniche che il lavoro clandestino comporta. In un certo senso queste difficoltà, una volta costituito un primo nucleo nella clandestinità (e questa è l'importante conquista realizzata nel '99 e nei mesi successivi), per quelli che vengono a ingrossarlo sono relative. Si tratta delle difficoltà morali e psicologiche che incontrano i singoli compagni a portare nella pratica una decisione che pure ritengono giusta.

Queste due considerazioni ci convincono che oggi il reclutamento per il lavoro clandestino non va condotto principalmente come una lotta contro l'opportunismo dei singoli compagni che vogliamo reclutare, perché facciano una scelta coerente con le loro convinzioni rivoluzionarie. In altre parole oggi sarebbe sbagliato porre nel novero degli opportunisti tutti i compagni che si dichiarano favorevoli alla settima discriminante, ma non se la sentono di passare a lavorare nella clandestinità e quindi scartarli dal nostro lavoro come compagni inaffidabili. Si tratta piuttosto di creare nelle FSRS e tra i lavoratori avanzati (e in primo luogo tra gli operai avanzati) una opinione pubblica e una disposizione d'animo favorevoli a che il nuovo partito comunista venga costruito dalla clandestinità. Solo quando questo sarà in una certa misura ottenuto, allora per i singoli individui il passaggio o meno alla clandestinità sarà una scelta personale tra opportunismo e coerenza rivoluzionaria. Oggi per il singolo il passaggio alla pratica della clandestinità è ancora principalmente un problema di autonomia soggettiva, cioè di capacità di vivere e praticare con serenità e senza staccarti dalle masse, senza acquisire una mentalità da 007 e da avventuriero, un'attività che la stragrande maggioranza della tua classe e dell'ambiente di compagni cui appartieni non solo non condivide ma neanche concepisce e capisce. Si tratta di una maturità ideologica e politica (di concezione del mondo e di orientamento politico) combinata con doti personali: una combinazione oggi abbastanza rara. Questo spiega la lentezza dello sviluppo del nucleo clandestino, che ha due aspetti. Uno è la difficoltà di reclutare nuovi compagni all'attività clandestina. L'altro è le difficoltà da superare per ottenere che i compagni che svolgono attività clandestina non perdano la sensibilità e il senso di appartenenza alla classe e alle masse popolari, non acquisiscano una mentalità da 007 e da banditi e quindi non perdano di slancio rivoluzionario a favore di una specie di esaltazione della bravura individuale, di affermazione individuale e di spirito di avventura che prima o poi sfocia nell'abbandono delle nostre fila. Infatti un avventuriero e uno 007 oggi facilmente trovano altre collocazioni. Questa deviazione tra i compagni che svolgono lavoro clandestino è tanto più facile che prenda piede perché tra i pochi compagni che si dedicano a questa attività, oltre a quelli che hanno una buona “autonomia soggettiva”, non mancano quelli che aderiscono alla richiesta di passare a svolgere un lavoro clandestino perché non hanno difficoltà a staccarsi dal loro lavoro abituale, dal loro ambiente e dai loro compagni. Ma non hanno difficoltà a staccarsi perché già, pur vivendoci dentro, hanno pochi e deboli legami, sono dei solitari, sono sentimentalmente piuttosto aridi, in alcuni casi anche sentimentalmente frustrati: cosa che, beninteso, non è né un marchio indelebile né un vizio vergognoso, ma solo una disgrazia e una mutilazione tra le tante con cui la borghesia affligge le masse popolari. Queste caratteristiche facilitano lo sviluppo della deviazione di cui parlavo, se non se ne tiene adeguatamente conto.

La conclusione è che oggi l'aspetto principale del nostro lavoro per far valere la settima discriminante, reclutare compagni all'attività clandestina e quindi costruire il nuovo partito comunista a partire dalla clandestinità consiste nel “propagandare l'importanza e la necessità” del lavoro clandestino tra le FSRS e tra i lavoratori avanzati, chiarire i vari aspetti della questione, mostrare i legami tra questa linea e la loro esperienza pratica e quotidiana, convincere. Mentre “lottare contro l'opportunismo” dei singoli compagni che non accettano di svolgere lavoro clandestino, che recalcitrano a dare la loro opera o anche solo la loro collaborazione, è solo l'aspetto complementare.

Per questo in questa fase ha un ruolo importante anche l'opera di quei “vecchi comunisti” che spiegano e propagandano l'importanza e la necessità del lavoro clandestino e del carattere clandestino del partito comunista a partire dalla loro esperienza personale nel vecchio movimento comunista e nella prima ondata della rivoluzione proletaria o dalla storia del movimento comunista o dall'analisi della controrivoluzione preventiva che caratterizza le società imperialiste. Senza che questo implichi in generale una loro partecipazione personale all'attività clandestina.

Creare nelle FSRS e tra i lavoratori avanzati una “opinione pubblica” favorevole alla clandestinità, che riconosce la necessità che il nuovo partito comunista venga costruito a partire dalla clandestinità, non solo faciliterà il reclutamento di compagni per il lavoro clandestino, ma creerà anche mille possibilità di preziose collaborazioni al lavoro clandestino da parte di compagni e lavoratori che non si dedicano sistematicamente al lavoro clandestino. Inoltre questa opinione pubblica, man mano che si forma, ci aiuterà anche a prevenire e combattere la deviazione individualista dei compagni che svolgono già il lavoro clandestino.

Con quanto detto ho risposto, credo esaurientemente, a quei compagni che ci dicono: “Ma se proprio si deve fare un lavoro clandestino, perchĂ© dirlo pubblicamente e non farlo in segreto e basta?”. Il lavoro clandestino dei comunisti, come le altre loro forme di lotta e di attivitĂ , è una forma di lotta e di attivitĂ  della classe operaia, anche se di fatto, come altre, è praticata solo da una sua parte d'avanguardia. Tutte queste forme di lotta e di attivitĂ  possono svilupparsi e funzionare nel modo giusto solo se sono sostenute dalla classe operaia. La borghesia costruisce polizie segrete, logge clandestine, cricche e mafie segrete, ecc. di cui tiene segreta anche l'esistenza e le finalitĂ . Solo gli affiliati e i mercenari ne conoscono l'esistenza, come per Gladio. Fa parte delle caratteristiche psicologiche e morali dei suoi membri e deriva dal modo specificamente suo (reclutamento mercenario) in cui la borghesia mobilita gli uomini e le donne al suo servizio. Corrisponde al ruolo sociale della classe a cui appartengono. Per questo ruolo le associazioni segrete, le sette, le societĂ  segrete sono utili. Noi comunisti non possiamo procedere così neanche se lo volessimo. Noi riusciamo a procedere solo se conquistiamo la solidarietĂ  della classe operaia e delle masse popolari per il lavoro che facciamo. Solo così il nostro lavoro può svilupparsi e diventa una componente proficua della lotta della classe operaia e delle masse popolari per la loro emancipazione dalla tutela della borghesia, dalla condizione di inferioritĂ  sociale in chi sono relegate nella societĂ  borghese. E la costituzione del partito comunista è infatti il primo passo sulla via di questa emancipazione, mentre l'instaurazione del socialismo sarĂ  il secondo. Ă