Torna all'indice del La Voce n° 10 - marzo 2002

Un altro mondo è possibile

Con la lotta di classe possiamo costruirlo!

 

Le Giornate di Genova e il Forum di Porto Alegre hanno mostrato che nei paesi imperialisti si sta sviluppando un vasto movimento anticapitalista. Che esso sia anticapitalista, anche se non si chiama così e alcuni dei suoi protagonisti rifiutano di chiamarsi così, è indubbio. Tutte le istanze che esso solleva lo portano a scontrarsi con il capitalismo: che si tratti della povertà, del commercio di bambini e di donne, dell'oppressione dei paesi coloniali o semicoloniali, dei lavoratori immigrati e delle discriminazioni razziali e nazionali, dei debiti, dei brevetti, delle epidemie, delle disuguaglianze economiche e culturali, dell'inquinamento o degli organismi geneticamente modificati. I protagonisti di questo movimento che persisteranno nelle loro aspirazioni, saranno dalla forza delle cose costretti a superare i limiti attuali del movimento. Essi lo faranno in numero tanto maggiore, tanto più rapidamente e con tanto minori sofferenze e diversioni, quanto più i comunisti sapranno essere presenti con una efficace azione di orientamento che adotti come metodo la linea di massa, sapranno tessere e sviluppare vasti ed articolati rapporti organizzativi, sapranno dare l'esempio nella lotta contro la borghesia imperialista. Ovviamente non è scontato che noi comunisti sappiamo fare quanto è necessario. Solo mettendo in discussione i nostri attuali metodi e le nostre attuali parole d'ordine, studiando attentamente i movimenti spontanei (inchieste sul campo), combinando critica delle concezioni utopiste e interclassiste con propaganda delle nostre concezioni, lotta teorica e partecipazione alle iniziative pratiche, provando e riflettendo, riusciremo a porci all'altezza del compito che dobbiamo svolgere.

La borghesia imperialista è già allarmata che questo movimento, per ora soprattutto di protesta e di rivendicazione, sfoci in un movimento rivoluzionario capace di eliminare il presente stato delle cose e costruire un altro mondo. Essa grida già alla “violenza” che sarebbe in germe in questo movimento ancora tutto sommato pacifico.(1) Quindi già si attrezza a prevenire la paventata degenerazione del movimento antimperialista in “violenza”. I bilanci statali si spostano in quella direzione con corrispondente riduzione delle “spese sociali” e vengono approntate le leggi ma soprattutto le istituzioni per la repressione. Cosa che, se noi lavoriamo bene, può solo accelerare la trasformazione dell'attuale movimento in un vero movimento rivoluzionario. Ovviamente noi comunisti dobbiamo in ogni modo non solo favorire che l'attuale movimento di protesta e di rivendicazione sfoci nel movimento rivoluzionario (distruttivo e costruttore) che creerà un altro mondo, ma promuovere questa trasformazione e lavorarvi alacremente con la potenza che ci danno la nostra dottrina e la nostra organizzazione.

A questo fine dobbiamo capire i fattori che promuovono e spingono avanti questo movimento e quali sono i suoi aspetti positivi (e la sinistra che li impersona). Nello stesso tempo dobbiamo capire i limiti della sinistra. Dobbiamo inoltre capire dove sta la destra e quali sono le sue caratteristiche. Dobbiamo cioè fare un'analisi materialistica dialettica dell'attuale movimento, non lasciarci spaventare dalle idee che proclama e dalle proposte che oggi avanza né dalla sua attuale composizione di classe.(2) Ma guardare a quello che esso è nel contesto delle relazioni tra le classi nel mondo attuale, al ruolo che può svolgere e capire cosa dobbiamo fare perché lo svolga. A queste condizioni potremo praticare efficacemente la linea di massa per promuovere e dirigere la sua trasformazione.

Un primo aspetto importante è che questo movimento viene soprattutto dai paesi imperialisti. Quindi tra l'altro smentisce ancora una volta, “dal basso” questa volta, le lagne e le dotte teorie sulla stabilità dell'attuale sistema che Bush e i suoi smentiscono “dall'alto”. Ovviamente vi partecipano con un ruolo importante anche organismi dei paesi oppressi, è importante anche il collegamento che esso crea tra le masse popolari dei paesi imperialisti e quelle dei paesi oppressi, è importante il legame internazionalista tra classi e popoli oppressi dall'imperialismo che in esso si manifesta e che esso alimenta. Tutti questi sono aspetti molto positivi, ma particolarmente importante è la partecipazione che viene dai paesi imperialisti. Perché qui è il terreno di scontro decisivo tra il vecchio e il nuovo mondo (è qui che il sistema imperialista può e deve essere eliminato) e perché qui il movimento politico, il lato soggettivo del movimento che distrugge lo stato presente delle cose, è più arretrato, il movimento rivoluzionario è più arretrato. Al punto che quelle FSRS che vedono le cose solo quando sono già grandi, che non vedono le condizioni materiali che contengono il germe dei movimenti politici, che quindi non sono capaci di fare da incubatrice ed essere promotrici delle possibilità che il mondo oggettivamente ha in sé, insomma le FSRS che meno hanno assimilato il materialismo dialettico (e in questo militaristi ed economicisti vanno a braccetto) sostengono che è impossibile che le masse popolari dei paesi imperialisti facciano una politica rivoluzionaria.

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