Torna all'indice del La Voce n° 10 - marzo 2002

L'attivitĂ  della prima Internazionale Comunista in Europa e il maoismo (note attive)

 

Il maoismo illumina e chiarisce lÂ’attivitĂ  condotta in Europa dalla prima Internazionale Comunista i cui passaggi ed esiti altrimenti restano misteriosi, mentre alla luce del maoismo diventano altamente istruttivi.

La pratica e la teoria della IC hanno ripetutamente oscillato tra gli opposti di antinomie che il movimento rivoluzionario ha messo in luce.(1) Tra andamento ciclico del capitalismo e crisi generale di lungo periodo del capitalismo (con la successione di relativamente brevi periodi di stabilizzazione e di ripresa e relativamente brevi periodi di crisi acuta). Tra continuare la preparazione mobilitando anche le forze ancora arretrate e impegnare nell’attacco le forze già mobilitate. Tra radicalizzazione graduale delle masse e formazione (educazione, addestramento) nel combattimento delle forze rivoluzionarie già disponibili (che imparano a combattere combattendo, si consolidano e si rafforzano combattendo). Tra estensione della mobilitazione delle masse e concentrazione delle forze sull’obiettivo principale e decisivo. Tra le singole campagne e le singole battaglie per ottenere un rapido successo e lotta di lungo periodo (situazione rivoluzionaria in sviluppo, crisi di lungo periodo). Tra difesa e attacco. Tra iniziativa spontanea delle masse e attività delle masse dirette dal partito. Tra la mobilitazione di ogni classe delle masse popolari sulla base dei suoi propri interessi e la direzione della classe operaia su tutte le classi delle masse popolari. Tra la raccolta di tutte le classi popolari in un unico campo ostile alla borghesia imperialista e lo sfruttamento delle contraddizioni tra gruppi e Stati imperialisti.(2) Tra la tattica che segue le indicazioni della strategia ma viene determinata secondo i flussi e riflussi che si hanno all’interno di ogni fase e secondo le circostanze concrete di ogni scontro e la strategia che traccia il disegno di tutta un’epoca o una fase storica. Tra la divisione in classi che per forza di cose permane a lungo nella costituzione materiale della società e può essere eliminata solo per gradi e la necessità di instaurare la dittatura del proletariato. Tra lotta per ogni interesse immediato e diretto delle masse popolari in campo economico, politico e culturale e lotta della classe operaia per la conquista del potere. Tra lotta nelle istituzioni dello Stato borghese e lotta contro lo Stato borghese. Tra partecipare e trarre alimento da tutte le lotte di interessi connaturate alla società borghese e accumulare una forza estranea e contrapposta ad essa. Tra sfruttare a vantaggio della rivoluzione l’opera dei riformisti e dei demagoghi e combattere l’influenza della borghesia sulle masse di cui essi sono portatori. Tra il bisogno di legarsi strettamente alle parti più avanzate delle masse popolari (alla sinistra) e il bisogno di distinguersi da esse. Tra favorire la mobilitazione delle masse e combattere la mobilitazione reazionaria delle masse. Tra il bisogno di smascherare le forze riformiste e la possibilità di fare un pezzo di strada assieme con esse. Tra lo sfruttare il lavoro compiuto dalla borghesia di sinistra, dai sindacati di regime e dai partiti riformisti e il bisogno di contrastare il lavoro di diversione che è connaturato con il loro ruolo. Tra il carattere nazionale di ogni partito e rivoluzione e il carattere internazionale del movimento comunista. Tra assedio alla fortezza del capitalismo e assalto decisivo. Tra mobilitazione di tutte le classi, le forze politiche e le personalità e direzione del partito comunista. Tra autonomia del partito comunista e legame del partito con le masse popolari. Tra disciplina organizzativa e sviluppo dell’iniziativa. Tra coesione ideologica e politica del partito e vitalità del partito che si manifesta nel contrasto e nel dibattito (“senza contraddizione non c’è vita”). Queste ed altre antinomie vennero alla luce nel lavoro della prima IC. Non avendo essa trovato la soluzione per dirigerle, esse divennero un elemento di freno, produssero sbandamenti ora a destra ora a sinistra e alimentarono all'interno della IC e delle singole sezioni l'esistenza di una destra e di una sinistra che venivano alla luce solo quando degeneravano perché la destra era chiamata al potere se si trattava di attuare accordi con le forze riformiste e la sinistra lo era se si trattava di dare battaglia contro di esse.

Nei primi tempi dopo la Rivoluzione d’Ottobre sembrò (e alcuni si illusero) che in Europa le cose sarebbero andate in modo diverso da come Engels aveva indicato nel 1895. In Germania, in Italia e nei paesi dell’Europa centrale e orientale la borghesia non riusciva più a governare. Le masse che la borghesia imperialista aveva mobilitato per la sua guerra sfuggivano al suo potere e diventavano una forza rivoluzionaria incontenibile. Anche senza la direzione di partiti comunisti le masse popolari e in particolare gli operai e i soldati insorgevano e costituivano nuovi organi di potere (soviet, consigli). Bisognava solo che quanti erano favorevoli alla dittatura del proletariato generalizzassero questi organismi, li consolidassero e facessero loro assumere consapevolmente, pienamente e sistematicamente il potere che era caduto nelle loro mani (“tutto il potere ai soviet!”) ed eliminassero radicalmente e definitivamente quanto restava del vecchio sistema statale che i riformisti cercavano di restaurare. Lo smarrimento della borghesia era grande e il crollo del capitalismo sembrava una realtà. Sembrava che il problema consistesse principalmente nel creare un nuovo ordine nel disordine che la borghesia aveva lasciato. L'Internazionale Comunista inizialmente riunì tutti quelli che nel vuoto di potere volevano erigere e consolidare la dittatura del proletariato impedendo che la borghesia imperialista si riprendesse.

Nel 1921 era chiaro che questa operazione della IC in Europa era fallita. La realtà imponeva i suoi diritti. Una guerra civile si sarebbe protratta per più di un quarto di secolo. Questa guerra civile di lunga durata avrebbe presentato aspetti e assunto forme diverse da quelli di qualsiasi guerra che l’aveva preceduta. Le due classi e i due campi in lotta dipendevano l’uno dall’altro: i proletari dipendevano ancora dalla borghesia per la produzione delle condizioni materiali della loro vita e la borghesia dipendeva dal proletariato per il suo arricchimento. Le due parti antagoniste erano da ciò continuamente mischiate e si condizionavano e si influenzavano a vicenda. Pur nella radicale diversità delle posizioni di partenza, ogni campo aveva nel campo avverso le sue “quinte colonne” consapevoli o spontanee. In tutta Europa “la borghesia non riusciva più ad esercitare per intero il suo potere, ma la classe operaia non era ancora abbastanza unita e matura per esercitare il potere per intero”. Né la IC dava una unica risposta alla questione se questa inadeguatezza della classe operaia consisteva principalmente del peso della parte arretrata delle masse e dell’influenza che su di esse esercitava la borghesia (l'influenza che normalmente e spontaneamente la classe dominante ha sulle classi sottoposte e quella portata con le organizzazioni socialdemocratiche, riformiste e affini) oppure consisteva piuttosto dei metodi e delle concezioni ancora arretrati o addirittura primitivi della sua avanguardia politica, ossia dei partiti comunisti. Secondo alcuni il collo di bottiglia e quindi l'ostacolo principale era l'esistenza di organizzazioni riformiste. Secondo altri il collo di bottiglia era la limitata capacità dei partiti comunisti di comprendere e dirigere lo sviluppo del movimento reale (sullo slancio rivoluzionario dei partiti comunisti al contrario non erano possibili dubbi). Per più di 25 anni si protrasse nella società europea una condizione di cronica instabilità e di continui sommovimenti, periodi di pace e stabilizzazione si alternarono a momenti di accesa mobilitazione di massa. Movimenti rivendicativi e movimenti politici si alimentarono in alcuni casi a vicenda e in altri si neutralizzarono. Nella mobilitazione di massa, che le condizioni pratiche suscitavano, la direzione della borghesia imperialista e quella della classe operaia si contrapponevano e si alternavano. Ondate di mobilitazione reazionaria e ondate di mobilitazione rivoluzionaria si scontrarono fino alla soluzione definitiva della crisi generale alla fine degli anni quaranta. Non solo la classe operaia aveva imparato e imparava. Anche la borghesia imperialista aveva tratto dalla Rivoluzione d’Ottobre, dalla instaurazione del socialismo in URSS e dagli avvenimenti europei del 1918-1921 lezioni che ora impiegava nella controrivoluzione preventiva (New Deal, le repressioni in Inghilterra e in Francia) e nella mobilitazione reazionaria di massa (il fascismo e il nazismo).

Nel movimento comunista, lungo tutta la storia dell’IC (formalmente svoltasi tra il 1919 e il 1943) e oltre, si svolse una lotta accanita, benché non dichiarata e quindi poco efficace e molto dolorosa, per comprendere la natura di questa realtà.(3)

Da una parte vi era la concezione che la rivoluzione socialista non avrebbe spazzato come un uragano la borghesia imperialista dallÂ’Europa, ma sarebbe stata unÂ’avanzata relativamente lenta, in cui si sarebbero alternati e combinati periodi di graduali evoluzioni e conquiste con bruschi salti e scontri, unÂ’avanzata inframmezzata da pause e arretramenti e connessa allo sviluppo delle contraddizioni tra i gruppi imperialisti, della rivoluzione nei paesi coloniali e semicoloniali e della rivoluzione socialista nel resto del mondo. Occorreva di conseguenza elaborare linee adeguate ad accumulare e consolidare forze e posizioni rivoluzionarie. Accumulare via via le condizioni per la propria vittoria definitiva. UnÂ’espressione centrale di questa concezione fu il mantenimento del potere in Unione Sovietica e il suo consolidamento in campo politico, economico e culturale.

Dall’altra vi era la concezione secondo la quale si attendeva ad ogni momento che la crisi del capitalismo precipitasse nuovamente, che si determinasse un’altra spontanea ondata rivoluzionaria simile a quella avutasi negli ultimi anni della prima guerra mondiale. I suoi partigiani studiavano la situazione e gli avvenimenti (i sintomi di stabilizzazione, di ripresa o di crisi del capitalismo) in funzione di questa attesa. Essi sostenevano che il compito dei partiti comunisti consisteva principalmente nel prepararsi ad essere nella nuova situazione più forti e più capaci di quanto lo erano stati nel periodo 1918-1921 e, secondo alcuni, nel cercare di “accelerare” l'avvento dell'attesa seconda ondata. Ripetutamente vi furono oscillazioni tra lanciarsi in avanti per sfondare con un eroico assalto la resistenza del nemico e con ciò spazzar via anche l’influenza che esso esercitava nelle masse popolari e nella stessa classe operaia tramite i partiti socialdemocratici, cattolici, paternalisti (deviazione di sinistra) e accordarsi con questi stessi partiti anche fino al punto di rinunciare alla propria autonomia e alla propria libertà d’azione per fare assieme un pezzo di strada (deviazione di destra). Da una parte sembrava che senza un accordo con quei partiti fosse difficile se non impossibile influenzare e trascinare alla lotta le parti arretrate della classe operaia e delle masse, dall’altra sembrava che ogni accordo con essi oscurasse ciò che caratterizzava il partito comunista e lo distingueva da essi e facesse disperdere persino una parte dei suoi seguaci. Ripetutamente, quando la crisi precipitò in scontri aperti e guerre, i comunisti cercarono di arrivare ad una rapida conclusione, anziché cercare di estenderli e prolungarli e raccogliere maggiori forze rivoluzionarie grazie ad essi fino a che si fossero create le condizioni di una sicura vittoria. In altri casi i partiti comunisti non chiamarono le masse alla battaglia perché ai loro occhi una battaglia o era uno scontro generale e definitivo, per l’esito vittorioso del quale essi vedevano non esistere le condizioni, o era un inutile dispendio di forze che doveva essere evitato.

Questa lotta tra le due concezioni nel movimento comunista fu resa più difficile, complicata, oscura, dolorosa e non arrivò a soluzione definitiva a causa dell’incomprensione, comune anche alla sinistra, di due aspetti fondamentali della situazione.(4)

1. Il capitalismo attraversava una crisi generale di lunga durata senza però che fosse necessariamente né l'ultima né la definitiva (il capitalismo non crolla, non esiste mai una situazione senza vie d'uscita). Quindi indipendentemente dalla loro volontà i gruppi imperialisti, se non erano messi fuori gioco dalla rivoluzione, sarebbero arrivati a uno scontro tra loro per stabilire quella soluzione della crisi che non era risultata dalla prima guerra mondiale sospesa precipitosamente a causa dello scoppio spontaneo delle rivoluzioni. Non scorgendo questa crisi di fondo ma nello stesso tempo ben definita con i suoi alti e bassi, nella IC la sinistra tendeva a negare i sintomi e i momenti di stabilizzazione e di ripresa del capitalismo fondandosi sul fatto che essi erano brevi e incerti, mentre la destra tendeva a vedere in questi momenti di stabilizzazione la necessità di accordi con le forze riformiste. Entrambe ritenevano che la stabilizzazione significasse la fine di possibilità rivoluzionarie. Ma proprio in forza della crisi generale, la contraddizione tra i gruppi imperialisti e le masse popolari si intrecciava con la contraddizione tra gli stessi gruppi imperialisti, le “concessioni” che essi potevano fare alle masse popolari erano limitate, la stampella delle organizzazioni riformiste era in molti casi insufficiente e i gruppi imperialisti dovettero ricorrere al fascismo (alla mobilitazione reazionaria di massa). Ciò dava al partito comunista la possibilità di dirigere indirettamente organizzazioni e gruppi che dichiaratamente rifiutavano la sua direzione e di indurli per ragioni della loro stessa sopravvivenza e per i loro stessi interessi a compiere la strada utile alla rivoluzione.

2. La borghesia imperialista era stata portata dagli eventi a sviluppare forme specifiche di mediazione tra il carattere collettivo delle forze produttive e il permanere dei rapporti di produzione che essa personificava, le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale (FAUS). Fu proprio in quegli anni che si costituì in tutti i maggiori paesi imperialisti il capitalismo monopolistico di Stato. Esse in una certa misura smussavano le manifestazioni più distruttive di quell’antagonismo, fornivano nuove armi alla borghesia e impedivano quella spontanea radicalizzazione che era esplosa nel periodo 1918-1921. Ma nello stesso tempo nei paesi capitalisti le FAUS rendevano più palese e promuovevano il carattere collettivo della società ed educavano praticamente le masse ad esso.

Quando fu chiaro che in Europa il primo assalto portato negli anni 1918-1921 era fallito, rifacendosi alla vittoriosa esperienza russa la IC ne trasse la conclusione che anche in Europa bisognava in un certo senso ripercorrere dal principio lÂ’esperienza compiuta in Russia, pur tenendo conto delle caratteristiche specifiche della Russia (anello debole della catena imperialista e centro nodale di tutte le contraddizioni dell'imperialismo, come ben illustrato da Stalin in Principi del leninismo).(5) GiĂ  nelle tesi per il secondo congresso della IC (luglio-agosto 1920) Lenin sostenne essere necessaria la “correzione della linea, e in parte della composizione, dei partiti che aderiscono o che vogliono aderire alla IC”. La IC nei paesi imperialisti pose allÂ’ordine del giorno non piĂą lÂ’instaurazione immediata della dittatura del proletariato, ma la costituzione di partiti comunisti ideologicamente coesi e organizzativamente disciplinati. Il compito principale ad essi assegnato era conquistare il consenso della maggioranza della classe operaia a lottare per instaurare la dittatura del proletariato e diventare lÂ’avanguardia organizzata della classe operaia. Si prospettava un periodo relativamente lungo di preparazione della conquista del potere, di creazione delle condizioni necessarie alla conquista del potere, di avvicinamento alla conquista del potere. La lotta all'interno delle istituzioni dello Stato borghese e l'atteggiamento verso le organizzazioni di massa dirette dalla borghesia (in particolare verso i sindacati di regime) diventarono argomenti di attualitĂ  insieme all'autonomia del partito, al suo  legame con le masse e alla sua preparazione alla lotta per il potere. Venne stabilito che in ogni paese imperialista il partito comunista dovevano combinare lÂ’attivitĂ  propagandistica e organizzativa del partito, la lotta allÂ’interno delle istituzioni dello Stato borghese, le lotte rivendicative sia tramite sindacati e organizzazioni di massa generate dal partito sia tramite i sindacati e le organizzazioni di massa di regime, la formazione delle organizzazioni paramilitari che la situazione consentiva e di apparati clandestini.

Dalla storia della IC e delle sue sezioni europee emerge la difficoltà incontrata dai partiti comunisti 1. nello sfruttare la crisi economica per portare la classe operaia ad agire in conformità alle linee indicate dal partito comunista e a dirigere in conformità ad esse il resto delle masse popolari e 2. nello stabilire un legame reale (radicato e verificato nella pratica) tra le lotte per soddisfare i bisogni vitali immediati delle masse e la lotta per conquistare il potere. La loro iniziativa era come soffocata dalla concezione secondo cui nei paesi imperialisti o lo sviluppo delle cose procedeva pacificamente o la conquista per il potere si poneva come compito immediato: non erano compresi né l'unità dialettica di pace e di guerra che tuttavia era la realtà che si svolgeva sotto gli occhi né il duplice ruolo che i riformisti svolgevano.

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